L’Arcadia in Brenta, Genova, Tarigo, 1764

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena nella casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona in veste da camera, e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella,
 il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto.
5Con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar, sono imbrogliato.
 Orsù lo vo’ svegliar. Già s’alza il sole;
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che verranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Ehi, signor Fabrizio,
 svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole;
 v’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna a addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sappiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì... dorme di gusto.
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Già.
 FORESTO
                                              M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso.
 Tornate a dir.
 FORESTO
                            Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
35Voi avete timor ch’io m’addormenti,
 pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò, via, parlate. (Si alza e si accosta bel bello al poggio della poltrona)
 FORESTO
 Ora, signor, sappiate
 che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Che io
40non so più come far, che oggi s’aspetta
 nuova foresteria... (Si addormenta)
 E buonanotte di vosignoria.
 Signor Fabrizio. Ehi signor Fabrizio...
 Signor Fabrizio... (Più forte)
 FABRIZIO
                                    Che! Come!
 FORESTO
                                                            Voi siete
45impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua. (Lo prende per una mano e lo tien forte)
 FABRIZIO
                          Son qua.
 FORESTO
                                             Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
 che vi vuol del denaro.
 FABRIZIO
50Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò
 per supplire l’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
55Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò!
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti,
 che mangian tanto fieno,
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì. (Si appoggia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                         La carrozza?
 FABRIZIO
 La carroz... za... (Si addormenta)
 FORESTO
                                Eh, io non son sì pazzo
60di volervi servir di materazzo.
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
 che se non vi è denar l’Arcadia vostra
 è presto terminata
65e tutta la brigata,
 provvista d’appettito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
 fate quel che fanno tanti,
70impegnate e poi vendete;
 e se roba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
 e si gode all’altrui spalle
75ed aspetti il creditor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
80son già stato graziato, il dover mio
 vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi? E poi vi son quelle ragazze
 che mi piaciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
85Ma diavolo, si spende
 troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ fare il conto
 quanto ho speso finora
 e quanto doverò spendere ancora. (Tira fuori un foglio ed una penna di lapis)
 
90   Quattrocento bei ducati...
 poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini
 sono andati poverini;
 trenta doppie... oh che animale!
95Quanto fanno? Io non lo so.
 
    Gli zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
 Basta, il conto è bello e fatto,
100perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Giardino che termina al fiume Brenta.
 
 ROSANNA, LAURA, GIACINTO, FORESTO sopra sedili erbosi, poscia FABRIZIO
 
 A QUATTRO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
 degli augellin canori!
105Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar!
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
110quell’onde sussurrar!
 
 GIACINTO
 Bellissima Rosanna,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 ROSANNA
 Anzi mi fate onore
115e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Lauretta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi. Così mi piace.
120Voi quattro in buona pace
 state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via, sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                           Io sederei
 qui volentieri un poco,
125s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Capperi! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta, aspetta).
130Amico, una parola... (A Foresto)
 FORESTO
                                        E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Uh capo storno!
 FORESTO
 De l’argent?
 FABRIZIO
                                 Io...
 FORESTO
                                           Lauretta, adesso torno. (Si alza)
 Eccomi, ov’è il denaro?
 FABRIZIO
135Aspettate un momento,
 passeggiate un tantino ed io mi sento.
 Ah, ah, te l’ho ficcata... (Siede ov’era Foresto)
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
140Pazienza, me l’hai fatta;
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (Si alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
145Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio;
 dirò meglio, voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa?
 LAURA
                                       Che padrone,
150questa casa ch’è qui non è più vostra;
 questa è l’Arcadia nostra.
 Noi siamo pastorelle e voi pastore
 e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite?
 LAURA
155Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio». Oibò.
 FORESTO
                                                    Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
160che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
165   Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
170poiché voi siete
 senza giudizio;
 signor Fabrizio,
 siete arrabbiato?
 Via, che ho burlato,
175non dirò più. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANNA, GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
 Se comanda seder si serva pure.
 Oh questa sì ch’è bella!
180Io non voglio star senza pastorella. (Contraffacendo Fabrizio)
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi? Pensate.
 Siete l’amico mio più fido e caro;
 ma se manca il denaro,
185vi giuro in fede mia
 che tutti ce n’andiamo in compagnia. (Parte)
 FABRIZIO
 Andate col malan che il ciel vi dia.
 Ma signora Rosanna,
 che dite voi, che dite voi, Giacinto,
190del parlar di Lauretta?
 GIACINTO
                                            Eh non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso,
 cospettonon di Bacco,
 se me ne ha dette un sacco.
 ROSANNA
195Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno;
 la femmina talora
 scaltra finge d’odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che mi ami
200e così mi strappazzi?
 ROSANNA
                                         Io ve lo giuro,
 statene pur sicuro,
 più volte l’amor suo m’ha confidato.
 Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amore indiavolato!
 GIACINTO
 È ver? (Piano a Rosanna)
 ROSANNA
                 (Mi prendo spasso). (A Giacinto)
205Sapete la cagione (A Fabrizio)
 che or la rese furiosa?
 Perch’è di me gelosa.
 FABRIZIO
                                         Or la capisco.
 Ma che motivo ha mai
 d’ingelosir di voi?
 ROSANNA
                                    Gli affetti miei
210ho confidato a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur mi amate?
 ROSANNA
 Purtroppo è ver!
 FABRIZIO
                                 Bellezze fortunate! (Toccandosi il viso)
 Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
215Io non sono sì matto;
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
    D’un amante è gran follia
 impazzir per gelosia,
220se una donna è di me stanca,
 non mi manca altra beltà. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ROSANNA e FABRIZIO
 
 FABRIZIO
 Dunque, se voi mi amate,
 discorriamola un poco.
 ROSANNA
 Ma Laura sarà poi meco sdegnata.
 FABRIZIO
225Io non vo’ quella donna indiavolata.
 ROSANNA
 L’amicizia, il dover non lo permette.
 FABRIZIO
 Amor non vuol riguardi,
 aggiustiamo le cose fra di noi
 e lasciate che poi Lauretta dica.
 ROSANNA
230V’amo ma non vogl’io tradir l’amica.
 FABRIZIO
 Oh caro il mio tesoro,
 già spasimo, già moro... (Si accosta)
 ROSANNA
 Olà, signor Fabrizio,
 più rispetto vi dico e più giudizio.
 
235   So che celar dovrei
 il mio novello amore;
 ma tanto non credei
 giungeste a delirar.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poscia un servo che non parla
 
 FABRIZIO
 Rosanna mi vuol bene e mi discaccia,
240Laura mi porta affetto e mi strappazza.
 Io non so di che razza
 sieno codesti amori;
 se le ninfe e i pastori
 s’innamoran così, son tutti matti;
245questo sembra un amor tra cani e gatti.
 Chi? Madama Lindora?
 Dille che venga tosto e non si penta,
 che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
250di conoscermi brama!
 Fosse di me invaghita? Allora sì
 che queste due ragazze
 farei di gelosia diventar pazze.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA con due braccieri e detto
 
 LINDORA
 Oimè, non posso più. (Indietro)
 FABRIZIO
                                           Che cosa è stato?
 LINDORA
255Ho tanto camminato.
 Non posso più.
 FABRIZIO
                              Vicino è il suo palazzo.
 Men d’un tiro di schioppo...
 LINDORA
 Per le mie pianticine è troppo, troppo.
 FABRIZIO
 Via, via, s’avanzi e sieda.
 LINDORA
260Guardate per pietà
 che non vi sieno fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
 L’odor non è cattivo! Faccia grazia.
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia?
 LINDORA
265Maledetto giardino!
 Ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, ve ne priego.
 FABRIZIO
 Vattene, o tristo vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
270Via, s’avanzi un tantino.
 LINDORA
 Adagio, pian pianino. (Ai braccieri)
 Mi volete stroppiar. Voi lo sapete,
 son delicata assai...
 Tre passi in una volta io non fo mai.
 FABRIZIO
275Come dunque farà a salir le scale?
 LINDORA
 Tacete, mi vien male
 solo in pensarlo.
 FABRIZIO
                                 Scusi, mi perdoni;
 ella è forse stroppiata?
 LINDORA
 Anzi più ben tagliata
280donna non v’è di me. Voi stupireste
 nel vedermi ballar.
 FABRIZIO
                                      Quando si balla,
 non si fan quattro passi in su un mattone.
 LINDORA
 Trovata ho un’invenzione
 di fare i minuetti
285con piccoli passetti;
 e perché il tempo veramente intendo,
 quattro battute in ogni passo io spendo.
 FABRIZIO
 Dunque sopra una festa in tal maniera
 un minuetto si farà per sera.
 LINDORA
290Ma dove son le belle
 arcade pastorelle?
 FABRIZIO
 Or le farò venir. Ehi. (Chiama il servo)
 LINDORA
                                          State zitto.
 Oimè con quella voce così alta
 voi mi fate stordir.
 FABRIZIO
                                     Veh, cosa sento!
295Ella non può sentir alzar la voce?
 LINDORA
 Lo stranuto e la tosse ancor mi nuoce.
 FABRIZIO
 Ma gran delicatezza!
 Credo provenga dalla gran bellezza.
 LINDORA
 Non dico; ma può darsi.
 FABRIZIO
300Certo, signora sì.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, sarà così.
 Andrò, se si contenta,
 le amiche a ritrovar.
 FABRIZIO
                                        Ma non vorrei
 che troppo affaticasse;
305prima che sia arrivata
 per lei ci vuole almeno una giornata.
 LINDORA
 Andrò così bel bello,
 se si contenta lei, signor Fabrizio.
 FABRIZIO
 Ah vada, vada (che mi fa servizio).
 LINDORA
 
310   Riverente a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri, qua la mano.
 Venga presto... Andate piano.
 Venga poi... Non mi stroppiate.
 Correr troppo voi mi fate;
315mi vien mal, non posso più.
 
    Via, bel bello, andiamo avanti;
 le son serva, addio, monsieur. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi il servo
 
 FABRIZIO
 Sia ringraziato il ciel che se n’è andata;
 ma cresce la brigata
320e il denar va mancando; e la carozza
 sarà venduta ed i cavalli ancora.
 Pazienza, almen ho il gusto
 di veder due ragazze innamorate
 che per me tutte due son spasimate.
325Oh diavolo! Che dici? (Al servo)
 Viene il conte Bellezza? Venga, venga.
 Giacché alla casa s’ha a vedere il fondo,
 venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 CONTE
 
    Che amabile volto!
330Che labbro! Che ciglio!
 Di Venere il figlio
 più bello non è. (Guardandosi nello specchio con caricatura)
 
 FABRIZIO
 Poh, che gran signorone!
 Costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
335Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
 l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
340La fama ha pubblicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l’ecco intorno rimbomba
 il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
345Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
350Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah, mio signor, perdoni
 se traccotante, ardito,
 prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
355son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando,
 veggio più, veggio molto
360in quell’amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so,
365per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo
 ed io che tutto intendo
370il genio suo comprendo.
 Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo;
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
375Se qui vuole restar, mi farà onore.
 Cerimonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il buon cor. Anch’io l’affettazione
 odio nelle persone;
 parlar mi piace naturale affatto.
380Perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labbra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale,
 parla ben, non vi è male.
 CONTE
385La provida natura
 prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
390riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accetterò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
395servi questo signor.
 CONTE
                                       L’esuberanza,
 anzi l’esorbitanza
 delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
400ch’io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    Partirò, non vi adirate;
 ci vedrem fra pochi istanti.
 Vado dunque... Eh via, restate.
405Complimenti... Oibò, oibò. (Parte e ritorna)
 
    Mi scordava; prenda, prenda
 una presa di Siviglia.
 Cosa dice? Non ne piglia?
 Non fa mal, signor mio, no.
 
410   Per trovar le pastorelle,
 favorisca, ove si va?
 E così? Di qua? Di là?
 Obbligato, io me ne vo. (Fabrizio annoiato si stringe nelle spalle e gli accenna da una parte della scena)
 
 SCENA X
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
415ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
 Evviva l’allegria. Corpo del diavolo.
 Quand’io mi divertisco,
 proprio ringiovenisco.
 E quella Lindoretta,
420quanto, quanto è caretta!
 Per passare con essa i giorni miei,
 cospetto... non so dir cosa farei.
 
    Ho visto il gran Mogolle
 vestito alla persiana
425e la spelonca ov’abita
 la fredda tramontana.
 Le guglie, le piramidi,
 la Persia, l’Appennino,
 il Cairo, Fiumicino
430e alle colonne d’Ercole
 sono arrivato ancor.
 
    Ma... ma un ciglio così nero
 non v’è nel mondo intero;
 ma il labbro rubicondo
435pari non ha nel mondo;
 quel brio, quei rai, quel viso,
 Lindora mia adorabile,
 m’hanno diviso il cor. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Madama LINDORA, poscia il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Rosanna,
440dove mai sono? Oimè, che nel cercarle
 dalla sala alla stanza
 ho tanto camminato
 che mi sento di già mancare il fiato.
 Vorrei sedere un poco.
445Chi è di là? V’è nessuno?
 CONTE
 Madama, vi son io.
 LINDORA
 Da sedere... Oh perdoni;
 non vi avevo veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto. (Le dà una sedia)
450S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
 perché degno mi fe’ di un suo comando.
 LINDORA
 (Non mi dispiace, è tutto gentilezza).
 Ma chi è lei, mio signore?
 CONTE
455Sono il conte Bellezza,
 un vostro servitore,
 obbligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh, mi conceda l’alto onor sovrano
460di poterle baciar la bianca mano.
 LINDORA
 Ahi!
 CONTE
            Cosa è stato?
 LINDORA
 Mi avete rovinato il mio ditino.
 Toccate pian pianino;
 son tanto delicata
465che non posso sì forte esser toccata.
 CONTE
 Legerissimamente
 alzo la lattea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
 No no, che se mi tocca
470l’acuto pelo, che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svenimento.
 CONTE
 Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete.
 Siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
475(Mi commove).
 CONTE
                                Prostrato,
 mia bella, al vostro piede,
 vi dimando pietà, grazia, mercede.
 LINDORA
 Via, prendete la mano.
 CONTE
 Cara man...
 LINDORA
                         Piano, piano.
 CONTE
480Ancor non l’ho toccata.
 LINDORA
 L’avete con il fiato un po’ alterata.
 CONTE
 Andrò cauto anche in questo.
 Lasciate...
 LINDORA
                      Non stringete.
 CONTE
 Riposate la man sovra il mio braccio.
 LINDORA
485Che ruvido pannaccio!
 CONTE
 Ci porrò il fazzoletto.
 LINDORA
 Non mi par molto netto.
 CONTE
 Dunque che far dovrò?
 LINDORA
 Non saprei.
 CONTE
                         Ah, madama, io morirò.
 LINDORA
490Vi vorrei compiacer ma non vorrei
 che la mia compassione...
 CONTE
 Trovata ho un’invenzione
 che non vi spiacerà. La bella mano
 alzate da voi stessa
495e mentr’ella si appressa al labbro mio,
 il labbro inchino e me le accosto anch’io.
 LINDORA
 Mi contento.
 CONTE
                          Sien grazie al cielo, al fato,
 generosa madama, io son beato.
 Eccomi, alzate un poco.
500Ancora... un poco più.
 LINDORA
                                          Non mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate
 per un momento solo...
 
 SCENA XII
 
 FABRIZIO, FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
 Ancor io ma di core.
 CONTE
505(Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
 per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
 È gentilezza vostra,
 non già merito mio.
 FABRIZIO
510Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato vi abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
 Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
 Ah che più goderei
515il bramato piacer de’ labbri miei.
 FORESTO
 A voi, principe degno,
 del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia nostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
520Ahi! Mi fate morir con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
 non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh, riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
525Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito;
 se lo prendo, potria ammaccarmi un dito.
 CONTE
 Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
530(Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
 Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggerissima.
 LINDORA
535Questo, questo mi piace, obbligatissima. (Prende tabacco)
 FORESTO
 Comanda? (Al conte)
 CONTE
                        Mi fa grazia. (Prende tabacco)
 FORESTO
 E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Lo prende anche lui)
 FORESTO
 (Voglio rider di core,
 la sternutiglia vera
540li farà istranutar fino alla sera). (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada, eccì. (Sternuta)
 
 FABRIZIO, CONTE
 
 Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Sternuta forte)
 Ahi! Eccì. Ah! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
545Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì.
 
 CONTE
 
                       Altro. Eccì.
 
 LINDORA
 
 Aiutatemi. Eccì.
 
 CONTE
 
    Che tabacco! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
550Maladetto... eccì, eccì.
 Che tormento che mi sento,
 più non posso... eccì, eccì.
 
 CONTE
 
    Via, madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
555Acqua fresca per pietà. (Si alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla. Eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto. Eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
 Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
560V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia
 a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
565   Vada, vada, eccì, eccì.
 Maledetto tabaccaccio.
 
 CONTE
 
 Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Faccia grazia. Eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo